Page 9 - versione definitiva quindicesimo raduno edizione speciale
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70° Corso AUC N° 5 12 settembre 2020
Ma perché non c’è il Raduno?
Come tutti gli anni a gennaio, oltre che litigare con la bilancia accusandola di essere bugiarda, ho stilato mentalmente un
elenco di progetti e di attività che avevo intenzione di attuare nel corso del 2020. Oltre al proposito di ultimare i lavori nella
nuova casa, le attività “istituzionali” nella biblioteca del paese ecc. ecc., il pensiero che
presto avremmo acceso i motori dell’Alto Comando per organizzare il 15° raduno del 70°
Corso A.U.C. si affacciava nella mia mente: “Beh, se non in gennaio, sicuramente in
febbraio Pepé ci farà scattare per organizzare il sopralluogo di aprile, nominare i forieri
d’alloggiamento e svolgere tutte le attività piccole e grandi connesse con l’organizzazione
del raduno secondo il rituale che è andato perfezionandosi nel corso degli anni. Però,
finché non suona la carica, resto in trincea”. Questo pensavo all’inizio di quest’anno
bisesto. Già in gennaio i notiziari informavano che in Cina era stato identificato un nuovo
virus appartenente al ceppo dei Coronavirus: “Vabbé, arriva l’influenza stagionale - ho
pensato – tanto io sono vaccinato, chissenefrega”. Oltretutto il Centro Europeo per la
Prevenzione e il Controllo delle malattie diceva che il rischio che il virus raggiungesse
l’Europa era moderato e le autorità cinesi stavano prendendo misure di contenimento e
bla bla bla. “Però questi Cinesi come sono efficienti”. A febbraio, nonostante le misure
attuate, in Cina aumentavano gli ammalati e si contavano molti morti. “Vabbé, finché
l’epidemia rimane in Cina… però poveracci!” Ma verso la fine del mese l’allarme si
estendeva ad altri Paesi, anche Europei. “Boia faus! Sarà meglio prestare più attenzione a
questa faccenda”. Ai primi di marzo viene dichiarata la pandemia e in Italia è imposta la
quarantena nazionale con le limitazioni giustamente previste per contenere il contagio.
“Ohibò! E il 15° raduno?” È evidente che la fase organizzativa è saltata o, quanto meno, posticipata sine die. L’alto Comando,
riunito in video-conferenza, decide di annullare l’evento, ma di mantenere i contatti virtuali.
Così il proposito di partecipare all’organizzazione del raduno, con molti altri programmi, è annullato o seriamente
ridimensionato. Non si poteva uscire da casa se non per motivi di sostentamento. E allora cosa si fa? Si fa buon viso a cattiva
sorte. Per fortuna in casa abbiamo tanti libri, molti dei quali ancora da leggere, tra questi ce n’è uno che avevo comprato in
febbraio mosso dalla curiosità, soprattutto dalla passione per i libri antichi, ma anche perché il titolo mi sembrava
particolarmente d’attualità: “Del governo della Peste e delle maniere di guardarsene – Trattato di Lodovico Antonio Muratori,
diviso in Politico, Medico ed Ecclesiastico”, scritto nel 1714 e pubblicato nel 1743. Qualcuno ha pensato che la mia scelta di
leggerlo in tempo di quarantena fosse masochistica, invece non era così: è stata una lettura estremamente interessante anche
se difficoltosa a causa dell’Italiano arcaico. Se di giorno mi tenevo informato sull’andamento dell’epidemia e sui decreti
legislativi del nostro governo, la sera progredivo nella lettura del Trattato. È stata una sorpresa constatare che i provvedimenti
che il Muratori suggeriva ai signori Governatori di Modena trovavano una puntuale applicazione nei provvedimenti presi dalle
autorità moderne. La lettura della seconda parte del Trattato, che riguarda il governo della Peste dal punto di vista medico mi ha
dato un’idea pietosa sullo stato della medicina del tempo e che disgrazia doveva essere ammalarsi e ricevere le cure del caso.
Infatti, alcuni rimedi e preservativi (così erano chiamati i “medicinali” idonei a prevenire il contagio) erano, a dire poco, bizzarri
se non raccapriccianti, come La purgazione del ventre, La cavata del sangue e il Trattamento dei bubboni e dei carboni. Tra i
medicamenti suggeriti dal Muratori, quello che mi ha maggiormente incuriosito è la Triaca, nelle due versioni, una destinata ai
benestanti e l’altra, più economica, destinata ai poveri. La prima era composta da una sessantina di ingredienti (in certe versioni
anche più di cento); l’ingrediente che doveva assolutamente essere usato era la carne di vipera cotta in oli, vino e aceto. Tra i
tanti ingredienti vi erano incenso, mirra, oppio, pepe nero, anice, cannella, genziana, valeriana, finocchio. La seconda era
sostanzialmente un estratto acquoso di bacche di ginepro arricchito da Erba Veronica, Scordeo, Cardo Santo Seccante, Fecce
d’Aro, Fiori di Zolfo più qualche altro componente sicuramente Bio. Da notare che questo intruglio nelle sue varianti era usato
anche come componente di altri medicamenti o “preservativi” del cui successo è lecito dubitare. La parte riguardante il
governo medico della peste prosegue con la descrizione dei sintomi del morbo: “Bubboni, Carboni e Petecchie” e termina con
un incoraggiamento: “Coraggio dunque, che ancora con provvigione di si poco, e senza fastose e lunghe ricette, possono le
persone condor seco la speranza di preservarsi, e guarire dalla pestilenza nel nome del Signore, del cui potentissimo e
necessario aiuto passerò ora a parlare, con esporre da qui innanzi il Governo ecclesiastico ne’ tempi di contagio”. A questo
punto mi è venuto spontaneo il confronto con una frase speranzosa che abbiamo letto ovunque: “Andrà tutto bene”. Già, “Spes
ultima dea”. La terza parte del trattato è quella che il Muratori ritiene la più importante di tutte: “cioè la cura delle anime in tempi
di Peste”. Vi si tratta delle incombenze dei vescovi e degli ecclesiastici premettendo che “convien ricorrere al possente aiuto di
Dio, allorché s’ode fischiare in qualche vicinanza il terribil flagello della Peste”. Prosegue dando agli uomini di Chiesa indicazioni
pratiche per la prevenzione prima e la gestione poi dell’epidemia sollecitandoli alla collaborazione e sottomissione ai
governanti. Il libro finisce con la “Relazione della Peste di Marsiglia pubblicata da’ medici che hanno operato in essa”. Questa
parte mi ha ricordato I promessi sposi del Manzoni. Così sono volate le notti di aprile e di parte di maggio, lasciandomi la
consolazione che, per quanto la situazione italiana fosse grave, non era così disastrosa. Così, se di notte mi trastullavo con
quest’amena lettura, di giorno impegnavo il tempo in attività concrete sistemando ciò che ancora andava fatto nella rimessa e
nel giardino. Adesso, che finalmente siamo passati alla quasi normalità, si possono riprendere con cautela le relazioni sociali e
avviare i motori per ricordare che, anche se non ci sarà il raduno annuale, il 70° Corso A.U.C. è sempre unito, almeno
virtualmente. (Alberto Sanna)
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